Un diritto alla settimana: verso la Marcia per la Pace. Articolo 29


 Articolo 29

1. Ogni individuo ha doveri verso la comunità, nella quale soltanto è possibile il libero e pieno sviluppo della sua personalità. 
2. Nell’esercizio dei suoi diritti e delle sue libertà, ognuno deve essere sottoposto soltanto a quelle limitazioni che sono stabilite dalla legge per assicurare il riconoscimento e il rispetto dei diritti e delle libertà degli altri e per soddisfare le giuste esigenze della morale, dell’ordine pubblico e del benessere generale in una società democratica. 
3. Questi diritti e queste libertà non possono in nessun caso essere esercitati in contrasto con i fini e i principi delle Nazioni Unite.


Agisci in modo da considerare l’umanità, sia nella tua persona, sia nella persona di ogni altro, sempre anche come scopo, e mai come semplice mezzo.

Immanuel Kant

  • Articolo 29 – Responsabilità sociale. Commento del prof. Antonio Papisca, Cattedra UNESCO Diritti umani, democrazia e pace presso il Centro interdipartimentale sui diritti della persona e dei popoli dell’Università di Padova

Il penultimo Articolo della Dichiarazione universale ricorda agli individui che ai loro diritti fondamentali corrispondono altrettanti doveri non meno fondamentali. L’ultimo Articolo, il 30, farà lo stesso discorso in punto di obblighi agli Stati.
Nelle conferenze pubbliche che mi capita di fare, c’è spesso qualcuno che al termine obietta: lei ha parlato soltanto di diritti, dovrebbe parlare anche dei doveri, anzi dovrebbe parlare prima dei doveri e poi dei diritti.

La mia risposta, ovviamente, è che diritti e doveri sono le due facce di una stessa medaglia che si chiama: responsabilità personale e sociale della persona. Ciascuna persona, in quanto soggetto titolare, in via originaria, di diritti fondamentali, è radice di legge fondamentale, dunque grembo, pro quota, di sovranità popolare.
La consapevolezza di avere doveri verso gli altri e verso la comunità di appartenenza nel suo insieme, combacia con la consapevolezza di essere noi, ciascuno di noi, legge fondamentale. Il ‘soggetto’ destinatario dello Ius positum universale dei diritti umani è quello con le caratteristiche lumeggiate dal personalismo comunitario: non è insomma l’individuo isolato ed egoista. La legge impone “obblighi”, l’educazione fa emergere i “doveri” da declinare, concretamente, quotidianamente, con assunzione di responsabilità nel perseguire i beni personali nel più ampio contesto del bene comune a livello locale, nazionale, mondiale. Il riferimento alla comunità mondiale è reso esplicito nel terzo comma dell’Articolo 29: i principi e i fini delle Nazioni Unite sono indicatori di bene comune universale, da perseguire all’interno delle strategie, fra loro interconnesse, di ‘sviluppo umano’ e di ‘sicurezza umana’.

Nel contesto dei diritti umani, doveri-obblighi-responsabilità si collegano al tema della cittadinanza e dei relativi diritti. E’ difficile pretendere l’adempimento di doveri da parte di coloro ai quali non sono riconosciuti diritti: per esempio, nel caso degli immigrati regolarmente residenti in Italia, lavorare e pagare le tasse, ma senza diritto di elettorato attivo e passivo.
Il secondo comma parla di restrizioni che possono porsi all’esercizio dei diritti dei singoli. Esse sono legittime in casi eccezionali, se si tratta di salvaguardare gli altrui diritti e libertà fondamentali e di soddisfare le esigenze della morale e dell’ordine pubblico nonché il benessere generale in una società democratica. I diritti fondamentali della persona figurano nell’elenco della Dichiarazione universale, delle successive Convenzioni giuridiche, nella Costituzione Italiana: per la loro individuazione non si pongono problemi. Più delicato è l’accertamento delle “esigenze” pubbliche e la valutazione della loro “giustezza”. Delicato, perché tale compito spetta allo Stato e ai suoi “poteri”: legislativo, esecutivo, giudiziario. E’ di tutta evidenza che si tratta di un’operazione la cui legittimità sostanziale è direttamente proporzionale alla democraticità dei regimi e alla specifica competenza e sensibilità dei governanti e di quanti esercitano funzioni pubbliche. E’ lo stesso Diritto internazionale a porre dei paletti. Si deve essere in presenza di circostanze di eccezionale gravità: catastrofi naturali, dimostrazioni di massa violente, incidenti industriali di portata maggiore (per esempio, con emissione di sostanze altamente tossiche), tali da costituire, come recita l’Articolo 4 del Patto internazionale sui diritti civili e politici, “pericolo pubblico eccezionale che minacci l’esistenza della nazione” (quindi, non semplice ‘pericolo pubblico’). In queste circostanze gli Stati possono adottare misure che comportano la sospensione temporanea delle garanzie di alcuni diritti fondamentali, a condizione che ciò sia deliberato con ‘atto ufficiale’ (dunque, trasparenza) e che non comporti la violazione del principio di non-discriminazione.

Il citato Articolo 4 (v. anche l’omologo articolo 15 della Convenzione europea sui diritti umani del 1950) portante sui cosiddetti “stati d’eccezione”, stabilisce che la garanzia di alcuni diritti fondamentali è assolutamente inderogabile, neppure temporaneamente: diritto alla vita, divieto di tortura, di schiavitù, di discriminazione, irretroattività della legge penale, riconoscimento della personalità giuridica. Inderogabili sono anche i diritti alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione,  riconosciuti dall’Articolo 18 della Dichiarazione universale. A proposito di questi diritti, è il caso di sottolineare che quanto attiene alla costruzione di una moschea o di altro tempio religioso rientra, in via principale, nella sfera d’applicazione dell’Articolo 18 della Dichiarazione, non dell’Articolo 4 del Patto internazionale.

Il Comitato diritti umani (civili e politici) delle Nazioni Unite, esercitando la sua funzione di interprete autentico dell’Articolo 4 del Patto, parla al riguardo di obblighi che hanno la natura di norme perentorie (peremptory norms) di Diritto internazionale generale. Lo Stato che voglia avvalersi di questa facoltà di deroga deve informarne il Segretario Generale delle Nazioni Unite sui motivi e sulla presunta durata della deroga. Presso le Nazioni Unite è consultabile un apposito registro nel quale figurano i vari ‘stati d’eccezione’ in atto: la pubblicità come garanzia.

Siamo in presenza di una norma internazionale che tenta di mettere insieme i diritti innati della persona e la sovranità degli stati, con una intrinseca illogicità: se per i diritti umani vale, tra gli altri, il principio della loro interdipendenza e indivisibilità, non si vede come sia possibile discriminare fra diritti tutti egualmente fondamentali…
Un aspetto interessante riguarda l’inderogabilità assoluta del diritto alla vita. Il citato Comitato diritti umani (civili e politici) delle Nazioni Unite ha affermato che l’inderogabilità di certi diritti, tra i quali appunto il diritto alla vita, vale anche nei conflitti armati: saltando qualche passaggio, c’è qui la conferma che la guerra è vietata e che la pena di morte deve essere parimenti vietata.
Certamente delicato è anche l’accertamento della morale pubblica, una materia sulla quale bisogna procedere avendo in mente il concetto di laicità quale indicizzata da “tutti i diritti umani per tutti”, compresi dunque i diritti rafforzati dei soggetti più vulnerabili a cominciare da quelli dei bambini. Nella misurazione della moralità pubblica, deve pertanto tenersi conto del principio del “superiore e migliore interesse del bambino” quale principio generale di qualsiasi ordinamento.

Anche e soprattutto per questa delicatissima materia dei limiti ai diritti fondamentali della persona, si rende necessario integrare le funzioni dei tradizionali organi di garanzia (magistratura ordinaria e costituzionale) con quelle delle cosiddette Istituzioni Nazionali per i Diritti Umani: Commissione Nazionale, Difensore Civico Nazionale, Garante Nazionale dei Diritti dell’Infanzia, secondo i principi stabiliti dalle Nazioni Unite (in particolare, indipendenza dall’Esecutivo). Questi organi hanno il compito di sorvegliare la situazione dei diritti umani, fornire consulenza al governo e al parlamento, avanzare proposte di miglioramento della legislazione e degli strumenti di garanzia, rendere più efficace l’intero sistema di garanzie mediante l’esercizio di funzioni di prevenzione delle violazioni e di tutela, per via extra-giudiziaria, dei diritti dei cittadini nelle loro controversie con le pubbliche amministrazioni.

Anche e soprattutto per l’esercizio delle funzioni d’autorità delle pubbliche istituzioni si rende indispensabile l’educazione e l’addestramento del relativo personale per il rispetto e la garanzia dei diritti umani: dai funzionari civili ai militari, dai magistrati ai poliziotti. Naturalmente, l’incipit sta nei programmi di educazione civica, in ambito sia scolastico che extra-scolastico.”

  • Doveri e diritti dei cittadini, un tema da insegnare in tutte le scuole pubblicato su Il Fatto quotidiano di Carlo Troilo (16 aprile 2016)

Nel dicembre del 2012 ho organizzato per l’Associazione Luca Coscioni una “due giorni” di “Stati generali dei diritti civili” , aperta da Stefano Rodotà e conclusa da Emma Bonino.
Proprio la Bonino ha ripreso nei giorni scorsi il tema con una sua recente dichiarazione sulla necessità di tornare ad occuparsi “a tutto tondo” dei diritti civili, non dimenticando però che oltre ai diritti da conquistare e far valere ci devono essere i doveri cui ottemperare. Provo a fare una prima riflessione su quest’ultimo aspetto. Diritti e doveri (ma forse l’ordine giusto è “doveri e diritti”) costituiscono un binomio inscindibile. Le società umane si basano da sempre sull’adempimento di doveri da parte dei loro componenti e sul riconoscimento agli stessi di una serie di diritti. Tuttavia, tanto vaste sono la legislazione e la letteratura sui diritti, quanto ridotte quelle sui doveri dei cittadini. La stessa nostra Costituzione, molto dettagliata sui temi dei diritti, è assai asciutta per quanto riguarda i doveri.

Essa ha due richiami di carattere generale: all’articolo 52, al “dovere di difendere la Patria”; all’articolo 54 al “dovere di osservare laCostituzione e le leggi”. Ma l’articolo 54 contiene anche una chiara indicazione per quanto riguarda chi svolge funzioni pubbliche: “I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore”. Dunque, bando alla trascuratezza ed alla disonestà. Solo a due doveri la Costituzione dedica altrettanti articoli specifici: il dovere del lavoro,  nel senso di “svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società” (articolo 4); “il dovere di prestazioni patrimoniali (imposte) per concorrere alle spese pubbliche, in proporzione alla propria capacità contributiva” (articolo 53).

I doveri che lo Stato può vantare nei confronti dei singoli, affinché sia data concreta attuazione al principio di solidarietà sociale, vengono definiti inderogabili dai giuristi perché nessuno può essere esentato dalla loro osservanza, in quanto costituiscono il fondamento di una pacifica e costruttiva convivenza. Una forza politica (o una associazione culturale) che si proponga di inverare la inderogabilità dei doveri, dovrebbe seguire tre linee di azione:

– da subito, la rigorosa applicazione delle sanzioni previste dalle leggi per il mancato adempimento dei doveri (a titolo di esempio: carcere per i grandi evasori fiscali; misure disciplinari per chi non esegue la propria attività lavorativa, fino al licenziamento nei casi più gravi)
– nel breve periodo, nuove norme che meglio definiscano i doveri e la sanzioni per chi non adempie ad essi
– nel medio – lungo periodo, la introduzione nelle scuole di ogni ordine e grado di una materia obbligatoria su “diritti e doveri dei cittadini”.

Quest’ultimo punto è di una importanza essenziale, visto che i giovani – salvo i più fortunati – non ricevono né della famiglia né da scuola né dell’ambiente in cui vivono un qualsiasi forma di “educazione ai doveri”. L’educazione civica venne introdotta nelle scuole italiane, come materia obbligatoria, oltre 50 anni fa da Aldo Moro. Ma la sua scelta illuminata è rimasta solo sulla carta, anche perché, affidata indistintamente a tutti gli insegnanti, non è stata praticata da nessuno. “Più in generale – ha scritto Attilio Oliva sulCorriere della Sera – vanno evidenziati profondi mutamenti di scenario. Il primo è il passaggio storico e impetuoso da una scuola per pochi a una scuola «per tutti»: le sue dimensioni si sono triplicate.

Il secondo è conseguenza dell’entrata in campo di nuove e potenti agenzie formative (Tv, Internet, industria del tempo libero ecc.) che operano in concorrenza con la scuola e spesso in dissonanza visto che non hanno responsabilità educative. Il terzo è che il tessuto sociale del passato (famiglia, chiesa, partiti) si è molto indebolito”.Un fatto è certo (non condivido lo scetticismo di molti, che considerano “complici” tutti indistintamente gli italiani): far osservare i doveri significa conquistare la simpatia e la fiducia della maggioranza dei cittadini, amareggiata nel non veder premiata la propria correttezza né punita la scorrettezza altrui.

  • Film consigliato: Human (2016). Commento tratto da www.cinefilos.it

Presentato fuori concorso a Venezia 72 e proiettato all’Onu per il suo 70º anniversario, Human è il nuovo film del fotografo e regista francese Yann ArthusBertrand, già autore di Home, pellicola sull’ambiente, e della mostra 7 miliardi di Altri sull’umanità attuale.

ArthusBertrand si occupa da anni della sensibilizzazione su questi temi con la sua Goodplanet, fondazione no profit produttrice del film. Qui, ha scelto di fondere natura e umanità in un unico viaggio, durato tre anni attraverso 60 paesi, in cui incontrare uomini, donne e bambini che normalmente non hanno voce e interrogarli sui grandi temi dell’esistenza e i mali del mondo, a partire dalle proprie, spesso durissime, esperienze di vita.

Da un lato, violenza, guerra, immigrazione, omofobia, sfruttamento, tossicodipendenza, fame, povertà, morte. Dall’altro, felicità, amore, famiglia, senso della vita. C’è chi vive o ha vissuto sulla propria pelle i grandi conflitti del nostro tempo – dalla II Guerra Mondiale al genocidio in Ruanda, dal conflitto israelopalestinese alle guerre nel mondo arabo: Afghanistan, Iraq, Siria.

C’è chi sperimenta in altro modo le contraddizioni che lacerano il mondo moderno. Così, emerge ciò che accomuna tutti, a qualsiasi latitudine, dall’aborigeno australiano al soldato americano, dal contadino delle Ande al bambino africano o brasiliano: gli stessi bisogni materiali (cibo, lavoro, casa, salute), le stesse necessità esistenziali più profonde: affetti, dignità, libertà, una vita serena. Ma emergono anche e soprattutto disparità e disuguaglianze, assieme alle responsabilità dell’Occidente, nonché della politica mondiale, nel determinarle e/o non sanarle. Ciascuno è chiamato a riflettere sul proprio modo di vita e sulla necessità di rimettere al centro l’uomo e i valori fondamentali dell’esistenza, come invita a fare l’unico personaggio noto tra gli intervistati: l’ex presidente uruguaiano Mujica.

Ancor più delle parole, però, vera forza del film sono le immagini che fanno da contrappunto alle storie, specie le splendide riprese aeree, in cui la bellezza dei paesaggi naturali mitiga la durezza della condizione umana. Immagini dal fortissimo senso artistico – a tratti sembra di avere di fronte i capolavori di Turner, o di qualche maestro dell’astrattismo. Per il regista la natura è dono da preservare ed il legame uomonatura è forte, anche laddove il loro rapporto sembra difficile. Non mancano anche qui sequenze dure, che illustrano solitudine, fatica, miseria, ma accanto alla riflessione c’è la meraviglia per la loro bellezza. Dominano spazi immensi di cui l’uomo è parte (infinitesimale), che portano a vedere l’esistenza in una prospettiva più ampia e meno egoistica.

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